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La notizia è di pochi giorni fa: Barilla ha deciso di ridurre del 35% le proprie importazioni di grano dal Canada. Il motivo è dettato più da esigenze di marketing che di sicurezza alimentare, come ha spiegato la stessa società. Nel nostro Paese infatti si è fatta largo l’ipotesi che il grano estero contenga tracce di glifosato, un erbicida sospettato di essere cancerogeno, che l’Unione Europea non ha ancora deciso se proibire o no.
Fino ad ora, infatti, un solo studio – quello dello Iarc – ha sostenuto che possa esserlo – mentre altre istituzioni come Efsa ed Echa, rispettivamente l’agenzia per la sicurezza alimentare e per le sostanze chimiche dell’Unione Europea, ma anche Oms e Fao hanno escluso la cancerogenicità per l’uomo in pareri successivi.
Nei mesi scorsi l’associazione Grano Salus aveva denunciato la presenza di tracce di glifosato in alcuni noti marchi di pasta italiana. Nel campione che ne conteneva di più ne sono stati rilevati 0,093 milligrammi per chilo. Qualcosa di simile era accaduto nel 2016, quando il grano estero era stato accusato di contenere tracce di glifosato, Don e cadmio comunque al di sotto delle soglie consentite.
La provenienza della materia prima non è una questione secondaria per i consumatori ma neanche per l’industria alimentare italiana: i pastifici italiani devono infatti acquistare dall’estero tra il 30 e il 40% del grano duro per soddisfare le esigenze del nostro mercato e per poter esportare all’estero. Solo Barilla, ad esempio, esporta il 50% della pasta che produce.
Ma il glifosato contenuto nella pasta è pericoloso per la nostra salute? “Per correre rischi bisognerebbe consumare quantità abnormi di un prodotto che contiene glifosato sotto alla soglia di guardia, e in quelle quantità”, spiega Danilo Marandola, ricercatore del Centro politiche e bioeconomia del Crea. “Di certo non stiamo parlando di acqua di fonte: è pur sempre un prodotto di sintesi e in quanto tale è meglio consumarne il meno possibile” conclude il ricercatore.
Nei nostri supermercati si possono trovare anche paste prodotte con grano 100% italiano. Dallo scorso febbraio è più facile riconoscere questi prodotti: è infatti entrato in vigore il decreto che prevede l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano usato per pasta e riso. Un decreto che, come tutti gli altri sull’etichetta di provenienza, potrebbe aver vita breve.
Nel passato alcune tracce di glifosato – sempre entro i livelli di guardia – sono state trovate anche in campioni di grano coltivato in Italia. Nel nostro Paese però le regole sono più stringenti rispetto al Canada e anche rispetto ad altri Paesi europei: nel 2016 un decreto del ministero della Salute ha vietato l’utilizzo del glifosato prima del raccolto.
Fonte: repubblica.it