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Contaminazione e allergie? Ecco le regole per non rischiare
Alimenti in continuo spostamento, prodotti esotici che arrivano da Paesi le cui politiche alimentari sono diverse dalle nostre, frutta e verdura seppur stagionali disponibili tutto l’anno: si tratta della Grande Distribuzione Organizzata conosciuta ai più con l’acronimo GDO. La comodità della vendita al dettaglio tuttavia può nascondere delle insidie: quando la qualità lascia il posto alla quantità, i rischi per la salute aumentano. «Allora è bene mettere in pratica delle piccole accortezze che garantiscono la sicurezza» spiega il Professor Agostino Macrì, docente di ispezione alimentare al Campus Biomedico ed esperto di sicurezza alimentare.
«Un aspetto fondamentale che in molti trascurano è l’importanza degli imballaggi: i famosi sacchetti biodegradabili, attualmente disponibili a pagamento nei supermercati, oltre che ridurre l’impatto ambientale, proteggono gli alimenti da contaminazioni esterne, e quindi sono utili per garantirne la salubrità» spiega il professore toccando un tema che ha suscitato notevoli polemiche nei mesi scorsi. «Per migliorare il livello di sicurezza è bene utilizzare i guanti protettivi messi a disposizione quando si sceglie la frutta o la verdura da acquistare. Sulle superfici delle nostre mani, soprattutto quando non sono lavate ci sono milioni di microrganismi che possiamo “depositare” sui prodotti che preleviamo. In questo modo si può avere una contaminazione e un conseguente abbassamento del livello di sicurezza. Gli alimenti sono sicuri ma siamo noi a trattarli con noncuranza».
«Sempre in tema di imballaggi, il cibo conservato nelle confezioni è garantito da una data di conservazione e da un elenco di ingredienti che mettono il consumatore in guardia da pericoli di allergie o intossicazioni» aggiunge il Professore, sottolineando tuttavia che l’utilità dell’imballaggio, soprattutto quello esterno generalmente di cartone ha riflessi negativi sull’ambientale. «I vantaggi degli imballaggi “flessibili” sono invece molteplici poiché consentono di conservare meglio e più a lungo gli alimenti e i “costi” ambientali sono minori».
Per quanto riguarda la ristorazione e quindi la somministrazione di alimenti e bevande, quali sono i doveri dell’esercente e gli accorgimenti per l’utente? «La risposta è nella procedura HACCP (ndr acronimo dall’inglese Hazard Analysis and Critical Control Points) in sostanza dei manuali in cui vengono descritte tutte le operazioni che devono essere fatte nella fase di trattamento del cibo e conseguente distribuzione. Per esempio in una friggitoria deve essere scritto nero su bianco quanto tempo l’olio può essere utilizzato, quali sono le regole di pulizia, come procedere per l’utilizzo dei disinfettanti. Insomma, l’obiettivo è quello di definire la procedura migliore per evitare che il consumatore venga a contatto con contaminati chimici o microbiologici».
«Nella maggior parte dei casi, questi protocolli sono seguiti in modo scrupoloso, ma non mancano le infrazioni soprattutto negli esercizi commerciali gestiti da imprenditori poco preparati. A tale proposito si segnala che nel passato ogni operatore possedeva della ristorazione “libretto sanitario” in cui erano descritte le specifiche condizioni di salute e, sostanzialmente, una persona ammalata di qualche malattia infettiva, non poteva manipolare il cibo. Si è deciso di sostituire il libretto con un corso di formazione. In pratica si insegna a manipolare correttamente il cibo e a impedire delle pericolose contaminazione, indipendentemente dallo stato di salute degli operatori».
«Un’altra cosa da tenere in considerazione – conclude Macrì – è che chi somministra cibo deve indicare sul menù se nel cibo ci sono allergeni o sostanze suscettibili di provocare reazioni allergiche. Anche i cuochi hanno l’obbligo di prestare la massima attenzione ed evitare che in cucina ci siano delle contaminazioni anche involontarie. Ad esempio i cibi per i celiaci debbo essere cotti in pentole in cui precedentemente è stata cotta una pasta normale».
Fonte: sanitainformazione.it