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Garante privacy, Comandé: ” La protezione dei dati personali è un diritto fondamentale da salvaguardare”
Sono convinto che la protezione dei dati personali sia, e sarà sempre di più nella società dei dati e dell’Intelligenza Artificiale, un diritto fondamentale da proteggere, ma deve anche trasformarsi da costo in opportunità per le imprese e le PPAA. Il passaggio alla nuova disciplina ed al principio di responsabilizzazione amplia l’autonomia di chi tratta i dati e sposta l’attenzione da meri adempimenti burocratici a un adempimento consapevole. In questo passaggio emergono infinite possibilità da valorizzare. Su queste basi, la mia candidatura nasce per caso e per servizio. Per caso perché per la prima volta mi candido a una carica. Per servizio, perché questa è la parola chiave che tanti amici hanno usato per convincermi a mandare il mio c.v.: la tua esperienza può essere utile.
L’idea della cosiddetta “privacy” (invero altra cosa dal diritto alla protezione dei dati personali) nasce per tutelare da discriminazioni spesso attuate da chi avrebbe dovuto invece proteggere da esse. Non è un caso che l’immaginario collettivo ricolleghi la “privacy” alla distopia Orwelliana di “1984”, dove a controllare tutto e tutti è “il grande fratello”, personificazione dello Stato. Oggi, 70 anni dopo la sua pubblicazione, le tecnologie fantasticate in “1984” non solo sono state realizzate, ma abbondantemente superate e massificate. Esse, però, sono per lo più in mano privata ed accentrata piuttosto che pubblica. Ciò pone sfide inimmaginabili solo pochi anni fa. Per vincerle non basta essere solo giuristi o solo informatici; per vincerle bisogna riuscire a fare dialogare ed interagire queste ed altre competenze e far crescere una cultura della privacy soprattutto nelle nuove generazioni.
Talvolta la protezione dei dati è percepita come divisiva ed inutile (costi per le imprese e diritti poco usati per i cittadini), ma deve diventare un diritto che unisce con la consapevolezza del perché esiste ed è utile per tutti, per chi i dati li tratta e per coloro i cui dati sono trattati. Non si tratta più di difendersi dal Grande fratello e dai suoi aiutanti con i big data ma di garantire le libertà fondamentali nella e per la circolazione dei dati.
PPAA e imprese devono potere estrarre valore dai dati e imparare ad usare i vincoli imposti per razionalizzare le proprie attività, sempre garantendo i diritti fondamentali. Tutti noi dobbiamo potere fare affidamento su una rete di protezione che possa effettivamente garantire il godimento dei diritti divenendo leve di innovazione, cullati da una cultura della libertà tranquilla. Lo dobbiamo a noi e alle generazioni future.
*L’autore dell’intervento è professore di Diritto Privato Comparato all’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica, Sviluppo) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Fonte: firenze.repubblica.it