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Google, ricavi da 4 miliardi da news e informazione
I media americani puntano il dito contro Google, che avrebbe realizzato 4,7 miliardi di dollari nel 2018 (4,15 miliardi di euro al cambio attuale) grazie alle news e all’informazione. Fondi di cui i “giornalisti meritano una fetta”, visto che la cifra è quasi pari ai 5,1 miliardi di dollari di ricavi pubblicitari realizzati dall’intera industria dei media americani lo scorso anno.
A gettare il numero nella mischia, raccogliendo per altro critiche e pareri contrastanti tra gli addetti ai lavori, è lo studio realizzato da News Media Alliance, l’associazione che rappresenta più di 2.000 quotidiani americani, incluso il New York Times. “Lo studio illustra chiaramente cose che tutti noi già sapevamo. L’attuale dinamica del rapporto fra la piattaforma” Google News “e la nostra industria è devastante” mette in evidenza Terrance Egger, l’amministratore delegato di Philadelphia Enquirer. Lo studio è stato diffuso in vista dell’audizione alla Camera sui rapporti fra big tech e i media.
Numeri però attaccati da Big G: “Questi calcoli approssimativi sono imprecisi, così come sottolineato da numerosi esperti”, dice Mountain View. “La stragrande maggioranza di ricerche legate alle news non mostra annunci pubblicitari. Inoltre, lo studio non tiene conto del valore offerto da Google. Ogni mese, Google news e la Ricerca Google portano oltre 10 miliardi di click ai siti web degli editori che generano, a loro volta, abbonamenti e entrate pubblicitarie significative. Abbiamo lavorato duramente per essere un partner collaborativo e di supporto per la tecnologia e la pubblicità per gli editori di tutto il mondo”.
Altri numeri, intanto, gettano una luce sull’attività dei giganti del web, proprio all’indomani dell’impegno solenne preso dal G20 finanziario giapponese di arrivare a una tassazione globale coordinata delle loro attività. Probabilmente, anche per insinuarsi nei processi decisionali su queste materie, i giganti del web hanno visto salire le loro spese in attività di lobbying. Nel 2018, Alphabet (la holding cui fa capo Google) è stata la singola società ad aver sborsato di più per esercitare pressione a Washington e dintorni: 21,7 milioni di dollari. E’ ottava nella classifica generale, ma davanti a sè ha solo associazioni di categoria, da quelle che rappresentano il settore assicurativo alla lobby dei prodotti farmaceutici. Il grosso è speso da Google (21,2 milioni) ma non sono mancati i contributi di Google X (la struttura riservata che si occupa di sviluppare le tecnologie più futuribili) con 270.000 dollari e Waymo (la società specializzata in guida autonoma) con 260.000 dollari.
Già a giudicare da questa prima mappa, pubblicata da OpenSecrets.org (la Ong che tiene traccia delle attività di lobbying) si intuisce come Alphabet presidi soprattutto la pubblicità, ma anche applicazioni future e guida autonoma.
Tutti settori che risentono in modo diretto delle norme. Se si spulciano anche gli argomenti trattati dalle lobby per conto di Google, arrivano le conferme: Big G si è concentrata su “Lavoro e Antitrust”, “copyright e brevetti”, “sicurezza dei prodotti”, “commercio”. Ma si è spesa anche su tasse, trasporti, sicurezza e immigrazione.
Di certo, Alphabet non aveva mai scucito così tanto. E neppure nel 2019 sembra voler risparmiare: al 25 aprile (ultimo aggiornamento disponibile), aveva già sborsato 3,5 milioni di dollari. Alphabet non è un caso isolato, a conferma che l’attività delle grandi compagnie tecnologiche si sta intensificando. Tra i primi venti soggetti (tra associazioni e imprese) che più hanno speso nel 2018 ci sono anche Amazon (13esima con 14,4 milioni) e Facebook (17esima con 12,6 milioni). In entrambi i casi si è trattato di un record.
Fonte: repubblica.it