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La sicurezza sul lavoro? Alla scoperta del tecnico dedicato
Il suo lavoro? Assicurare la salute e il benessere dei lavoratori. Stiamo parlando del tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro che, dallo scorso marzo (Decreto del Ministero della Salute del 13 marzo 2018), dispone in Italia di un Albo dedicato all’interno del nuovo Ordine delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. Si tratta di una professione poco conosciuta, ma piuttosto diffusa che occupa oggi circa 16mila persone, 10mila nel settore pubblico, 6mila nel privato.
Una figura dedicata a tutte le attività di verifica e controllo in materia di sicurezza ambientale, di igiene degli alimenti e delle bevande, di sanità pubblica e veterinaria. In particolare, operando nei servizi delle ASL, ha compiti ispettivi e di vigilanza, è ufficiale di polizia giudiziaria – unica professione che gode di questo automatismo – e svolge attività istruttoria, finalizzata al rilascio di autorizzazioni o di nulla osta tecnico sanitari.
L’UNPISI, l’Associazione Nazionale Rappresentativa dei Tecnici della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro ha in questi anni svolto le veci dell’Albo mancante. Parla il Presidente Maurizio Di Giusto: «La nostra professione fino a qualche anno fa era attiva solo nei dipartimenti di prevenzione delle ASL, nelle agenzie di protezione ambientali o in enti quali comuni, regioni e province. La funzione era ispettiva, di controllo delle normative. Da una decina d’anni, invece, dopo il decreto ministeriale del 1997 che istituì formalmente questo profilo professionale sono comparsi i laureati (il corso è triennale) in tecniche della prevenzione dell’ambiente nei luoghi di lavoro. Sono, quindi, emerse le prime opportunità anche nel privato. Oggi, lavora nel pubblico il 60 per cento dei tecnici della prevenzione e un buon 40 per cento nel privato».
Nel settore privato lavorano come consulenti o dipendenti. La maggior parte si occupa della sicurezza sul luogo di lavoro, garantendo che siano applicati gli obblighi previsti dal Decreto Legislativo 81/08 che ha sostituito la storica legge 626. La funzione più comune è quella di Responsabile del Servizio di Protezione e Prevenzione (RSPP).
È il caso di Sonia Fagotti, classe 1989. Dopo la laurea conseguita nel 2012 a Perugia, ha iniziato subito ad esercitare la professione nel territorio umbro.
Spiega: «Le prime difficoltà che riscontrai per entrare nel mercato del lavoro erano prevalentemente legate alla mancata conoscenza della figura del tecnico della prevenzione; le aziende si rivolgevano a consulenti con un profilo professionale noto, quali ad esempio ingegneri, biologi, veterinari. Oggi, esercito la libera professione in forma associata come consulente e formatore e, a distanza di qualche anno, anche per merito dell’incremento dell’occupazione nel settore privato, riscontro con soddisfazione sempre più ricerche da parte delle aziende di tecnici della prevenzione come risorsa. Nel privato, in generale, si possono avere diversi sbocchi professionali: dipendente presso le Aziende – ad esempio nelle vesti di RSPP – o libero professionista per consulenze e attività formative per Società o per la Pubblica Amministrazione. La scelta dipende dall’attitudine, ma anche dalle opportunità che si presentano e dal contesto territoriale in cui si opera. La multidisciplinarità delle materie di nostra competenza, ovvero la sicurezza nei luoghi di lavoro, l’ambiente e l’igiene alimentare, rende questa professione affascinante e al contempo complessa; la specializzazione, l’aggiornamento continuo nonché il ricorso a collaborazioni, sono aspetti fondamentali per offrire servizi di qualità».
Secondo Fagotti, il valore aggiunto del tecnico della prevenzione è una visione a tutto tondo dei possibili rischi per la salute e la sicurezza, indipendentemente dal settore in cui opera, soprattutto per merito dell’approccio multidisciplinare legato alla formazione universitaria specifica.
Continua il Presidente UNPISI: «Dopo la triennale è possibile frequentare dei master di primo livello professionalizzanti o gestionali, oppure accedere alla laurea magistrale o specialistica in scienze delle professioni sanitarie della prevenzione. Questa, ha la funzione di preparare il lavoratore in termini di management, formazione o ricerca scientifica. Un percorso che può essere poi seguito da un dottorato. Ora, grazie all’Albo dedicato, è nata una garanzia in più per il cittadino, se si considera che finora un collega che non svolgeva correttamente la professione non poteva essere sanzionato o interdetto dall’esercizio. L’iscrizione è obbligatoria, indispensabile per partecipare ai concorsi pubblici».
Alessandro Capoccia, tecnico della prevenzione nell’ambiente dei luoghi di lavoro, di Pavia. Nel 2013 conclude il percorso di studi nell’Università della sua città e sceglie il tirocinio nel settore privato, che poi è rimasto il suo ambito professionale. Oggi, si occupa di consulenza alle aziende in materia di salute e sicurezza ed è formatore qualificato in materia.
«Fare il formatore, oltre ad avere conoscenze tecniche, significa comunicare, essere empatici; saper “emozionare”. Non è un lavoro semplice, in particolare nel nostro Paese in cui c’è ancora poca cultura rispetto alla sicurezza sul lavoro. La tendenza generale è cercare un “escamotage” per eludere le leggi; il nostro compito è scardinare una cultura, non obbligare ma saper smuovere le coscienze, far capire a tutti gli attori coinvolti che investire in sicurezza porta ad un ritorno economico e sociale a lungo termine. La sfida ultima più grande è fare ciò parlando di questo tema in modo meno “noioso”».
Le procedure d’iscrizione per tutte le professioni sanitarie al nuovo Ordine sono partite a inizio luglio. Un periodo transitorio di 18 mesi in cui UNPISI rimarrà l’Associazione maggiormente rappresentativa della professione. Il passaggio non sarà automatico ma avverrà tramite il coinvolgimento di delegati delle Associazioni più importanti, che andranno a vagliare la possibilità d’iscrizione o meno all’Albo dei professionisti e dei laureati. Concluso questo iter, UNPISI farà un percorso per diventare o Società scientifica per lavorare a fianco dell’Albo e dell’Ordine o Società di servizi per erogare formazione e servizi ai professionisti.
Per quanto concerne, infine, la parte contrattuale e retributiva, per i dipendenti pubblici il contratto corrisponde a quello della Sanità, mentre per le imprese dipende dal tipo di azienda. Per un neoassunto il livello minimo retributivo del privato è più alto, pari a circa 1.500 euro netti al mese, ma può anche arrivare a 2.000.
«Il mercato non è saturo – commenta ancora Capoccia – in particolare il settore privato oggi è la via che offre più opportunità. Bisogna però saper trovare la giusta connotazione e non ridursi ad una figura commerciale che vende pacchetti di servizi. Personalmente spero di ampliare le mie competenze nel settore della formazione, magari con progetti di sensibilizzazione sulla sicurezza sul lavoro all’interno delle scuole, ove risiedono i futuri professionisti e datori di lavoro».
Ilva, numeri di morti sul lavoro in aumento, gravi incidenti all’ordine del giorno. La sicurezza finisce spesso nella cronaca nazionale e il nuovo Governo ha già affrontato l’argomento. «Di sicurezza se ne sta parlando molto, quindi è probabile che a breve succederà qualcosa dal punto di vista normativo, probabilmente una nuova emanazione che aggiorni la legge attuale» prevede Capoccia.
«A prescindere dalle criticità legate al periodo storico, abbiamo un inserimento occupazionale a livello nazionale intorno al 70 per cento a un anno dalla laurea. Imprese come piscine, centri estetici, parrucchieri, si avvalgono sempre più dei tecnici della prevenzione per le varie certificazioni e per garantirsi di non esporre il cliente e i lavoratori a eventuali rischi. L’ultimo settore è quello della protezione ambientale, l’inquinamento delle acque, l’amianto, in capo alle ARPA (Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente) dove lavorano molti colleghi», conclude Di Giusto.
Fonte: nuvola.corriere.it