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L’obbligo di Vigilanza del Datore di Lavoro sul comportamento del Preposto

Il D. Lgs. n° 81/2008, da ultimo, ha fornito la definizione di “ Preposto” indicandone gli obblighi all’art. 19 e la L. n° 215/2021 ha modificato gli obblighi di questa figura.
Nei quasi 70 anni dall’emanazione dei citati decreti presidenziali le funzioni del Preposto sono rimaste essenzialmente le stesse:

  • sovrintendere all’attività lavorativa,
  • garantire l’attuazione delle direttive ricevute,
  • controllare la corretta esecuzione delle citate direttive e
  • esercitare un funzionale potere d’iniziativa

Il Preposto, in quanto tale, è organizzativamente sovraordinato agli altri lavoratori, obbligato ad esercitare una funzione di vigilanza e, pertanto, soggetto legittimato ad intervenire sia per il concreto “rispetto delle regole” che per l’adozione di misure volte ad evitare che gli eventuali comportamenti e situazioni pericolose portino a conseguenze ben peggiori per la salute e la sicurezza dei propri collaboratori, ivi compresa l’interruzione dell’attività del lavoratore e, ove necessario in base ad una sua valutazione frutto delle competenze possedute per rivestire il ruolo, l’interruzione della specifica attività che espone uno o più lavoratori ad un pericolo concreto.
Questa attività deve essere espletata concretamente ma non può certo spingersi verso un costante controllo, momento per momento, sull’operato dei propri collaboratori.
Nell’architettura del nostro sistema legislativo, è stato previsto che anche sull’operato del Preposto sia effettuata un’attività di vigilanza dai soggetti a lui sovraordinati e cioè dirigente e datore di lavoro.
Non sempre, però, questa attività di vigilanza viene concretamente espletata dal preposto e, spesso, vengono tollerate condotte da parte dei lavoratori che sfociano in gravi infortuni.
In questi casi, lo stesso datore di lavoro viene coinvolto nei procedimenti penali proprio per omessa vigilanza sull’operato del Preposto.
A tal riguardo, la Cassazione Penale si è recentemente pronunciata sull’obbligo di vigilanza del datore di lavoro nei confronti del Preposto ( Cassazione Penale sez. 4, 10 giugno 2024 n, 23049)
Il caso si riferisce ad un evento occorso ad un lavoratore di un’azienda agricola che aveva subito lesioni personali gravi consistite in “ustione congiuntivale da sostanza caustica” e indebolimento permanente dell’organo della vista.
Il lavoratore su richiesta del datore di lavoro, si era recato presso una zona coltivata dell’azienda per svolgere lavori di piantumazione e semina, terminati i quali era rientrato nella cantina aziendale.
Al rientro aveva contattato il responsabile della cantina, il quale lo aveva invitato a effettuare la pulizia dei macchinari ivi presenti.
Il lavoratore aveva diluito in una brocca la soda caustica con acqua e aveva proceduto alla pulizia della coclea; poi si era diretto verso la macchina diraspatrice, posta in un vano a livello inferiore del piano di calpestio e, nel tentativo di pulire il macchinario, aveva effettuato un movimento incauto ed era scivolato sull’asse di legno posto sopra il macchinario.
In seguito a questa caduta, la soda caustica era entrata in contatto con gli occhi del lavoratore provocandogli le lesioni indicate.
Nell’iter processuale, la Corte d’Appello, in riforma della sentenza di condanna emessa in data 16 febbraio 2022 dal Tribunale di Palermo, aveva assolto il datore di lavoro dal reato di cui 590, commi 1 e 3, cp per avere, nella qualità di titolare dell’Azienda Agricola, cagionato per colpa al dipendente lesioni personali gravi.
L’ipotesi accusatoria nei confronti del datore di lavoro era basata su una serie di omissioni:

  • omessa adozione nel DVR delle misure e principi generali per la prevenzione dei rischi connessi all’uso di agenti chimici pericolosi, quali la soda caustica
  • omessa vigilanza sull’effettivo utilizzo da parte dei dipendenti e in specie del lavoratore infortunato, dei DPI nel l’effettuare la suddetta lavorazione in violazione dell’art. 18 comma 1 lett. f) del D. Lgs. 81/2008.

Sotto il primo profilo, la Corte ha osservato che il Preposto era soggetto di comprovata esperienza nel settore e, quindi, adeguato rispetto alle funzioni, come confermato dagli attestati di formazione dello stesso conseguiti, nonché dalla testimonianza di un altro lavoratore e che era “inverosimile”, data la sua qualifica, che egli non fosse a conoscenza dei rischi connessi all’utilizzo della soda caustica.

La decisone della Corte d’appello non appare rispettosa dei principi esposti, in quanto il lavoratore si è infortunato mentre stava svolgendo una mansione lavorativa demandatagli. Pertanto, l’infortunato <<non ha attivato un rischio eccentrico, rispetto alla sfera governata dal titolare della posizione di garanzia, ma semmai il rischio tipico di quella sfera>>.

Successivamente la Suprema Corte ha annullato la sentenza della Corte d’Appello ai fini civili, con rinvio, per nuovo, giudizio, al giudice civile competente per valore in grado di appello, a cui deve essere demandata la regolamentazione delle spese fra le parti.

Fonte: puntosicuro.it

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