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Come prevenire gli infortuni che avvengono negli spazi confinati?

Come sottolineato in numerosi articoli e anche in varie puntate della rubrica “ ambienti confinati”, dedicata al racconto degli infortuni professionali, gli ambienti confinati o sospetti di inquinamento sono tra gli ambienti lavorativi a maggior rischio per i lavoratori. Ambienti lavorativi che benché caratterizzati dalla presenza di una normativa specifica – il Decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177 sulla qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in questi ambienti – sono ancora mancanti di una definizione univoca che ne renda semplice l’identificazione.

In questa situazione confusa, e di fronte ai tanti incidenti mortali che ancora avvengono in questi ambienti, è importante presentare tutte le riflessioni e le analisi in grado di comprendere le eventuali criticità e i principali fattori di rischio da presidiare.

Ed è per questo motivo che presentiamo oggi una scheda informativa, pubblicata dal sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e graviINFOR.MO., che analizzando le modalità di accadimento degli infortuni riporta alcune possibili misure preventive per ridurre il rischio di infortunio.

I dati relativi agli infortuni

Nella scheda n. 11, dal titolo “Gli ambienti confinati”, sono analizzati 69 eventi infortunistici, che hanno comportato 90 decessi, collegati agli ambienti confinati o sospetti di inquinamento (indicati per brevità come “ambienti confinati”) presenti nell’archivio del Sistema nazionale di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi. E si sottolinea che nella scelta degli ambienti di cui occuparsi “non sono stati considerati gli scavi”.

Nella scheda si ricorda poi la mancanza, in letteratura, di una definizione univoca di ambiente confinato o confined space, e per la selezione dei casi si è fatto riferimento alle definizioni presenti in diversi standard, regolamenti, linee guida e indicazioni operative. Rimandiamo, in questo caso, alla lettura dei tanti articoli dedicati dal giornale proprio alle difficoltà di identificazione degli spazi presenti nei luoghi di lavoro.

Nell’analisi dei dati si indica che la distribuzione per attività economica degli infortuni mortali che si sono verificati negli ambienti confinati “mostra una elevata frequenza nei settori delle costruzioni (20,5%) e dell’agricoltura-silvicoltura (19,5%). Seguono le attività della metalmeccanica (fabbricazione e lavorazione dei prodotti in metallo e fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici) con il 12,6%, dello smaltimento dei rifiuti/acque di scarico (9,2%) e con il 5,7% del settore alimentare (in particolare della produzione vinicola). Non trascurabile è anche la quota relativa ai settori della movimentazione/magazzinaggio merci, del trasporto e del commercio, della manutenzione e riparazione di autoveicoli, che in totale concentrano oltre il 12% degli infortuni e dove di frequente l’ambiente confinato è rappresentato dal mezzo con cui si trasportano prodotti pericolosi”.

Un’altra analisi riguarda la natura della lesione: emerge che l’asfissia è predominante con il 64,4% (53,3% asfissia chimica e 11,1% asfissia fisica o meccanica), seguita dall’annegamento con il 17,7%. E un’altra caratteristica rilevata è “la presenza di casi collettivi (contemporaneo coinvolgimento di più persone nella dinamica infortunistica): questi rappresentano circa 1/4 (16 su 69) degli accadimenti esaminati. Con riferimento ai decessi avvenuti, il 41% (37 su 90) si è registrato in casi collettivi”.

Infine riprendiamo le indicazioni sul luogo confinato dove si verifica l’infortunio mortale: “si nota la prevalenza di 3 tipologie: cisterne/serbatoi/autoclavi (28,8%); vasche (22,2%) e pozzi/pozzetti (15,5%). Considerando i soli infortuni collettivi, nelle prime tre tipologie di ambiente si concentra oltre l’80% dei decessi”.

Riprendiamo dal documento una tabella sulla distribuzione degli infortunati per tipologia di ambiente confinato:

I rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori

Il documento, che fa spesso riferimento anche a quanto contenuto nel “ Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3 comma 3 del d.p.r. 177/2011”, segnala che gli ambienti confinati possono presentare “numerosi rischi per la salute e la sicurezza quali:

  • asfissia per carenza di ossigeno;
  • intossicazione per esposizione ad agenti chimici pericolosi;
  • esposizione ad agenti biologici;
  • caduta dall’alto dell’infortunato;
  • contatto con organi lavoratori in movimento;
  • scivolamento dovuti alla difficoltà di accesso/uscita, alla carenza/assenza di illuminazione naturale, alla presenza di tubazioni/cavi/materiali o di fondo vischioso/scivoloso;
  • seppellimento per caduta di polverulenti dall’alto;
  • ustione/congelamento per esposizione a sostanze corrosive, a temperature elevate o molto basse;
  • annegamento in presenza di melma/fanghi o variazioni improvvise di livello di altri fluidi;
  • folgorazione per presenza di connessioni elettriche;
  • ecc.

E “considerando la totalità degli infortuni mortali in ambienti confinati, i fattori di rischio più frequentemente rilevati sono gli errori nelle modalità operative, la mancata fornitura o il non utilizzo dei DPI necessari seguiti poi, come terzo fattore, dalle carenze strutturali e organizzative degli ambienti lavorativi”.

Le misure di prevenzione per gli spazi confinati

Partendo dalle criticità rilevate, la scheda indica poi le principali azioni di prevenzione e protezione.

Ad esempio “prima di consentire l’accesso di lavoratori ad un ambiente confinato è necessario verificare se l’attività lavorativa da svolgere possa essere effettuata comunque senza accedervi, evitando così l’esposizione al rischio, come ad esempio operando dall’esterno attraverso l’utilizzo di dispositivi teleguidati, telecamere, robot, droni e tenendo comunque sempre conto dello stato dell’arte e dello sviluppo tecnologico”.

Nel caso ciò non fosse possibile, occorre allora pianificare i lavori “al fine di individuare tutte le misure di prevenzione e protezione da mettere in atto per garantire la realizzazione, la verifica ed il mantenimento di condizioni di assenza di pericolo per la vita umana”.

Altre indicazioni:

  • “è necessario che i lavori vengano eseguiti secondo specifiche procedure di sicurezza, avvalendosi di personale in possesso di competenze, formazione e addestramento specifici;
  • dovranno essere effettuati preventivamente sopralluoghi conoscitivi e stabilire se è necessario eseguire, e con quali modalità, misure strumentali in relazione al contenuto di ossigeno (O2), assenza di contaminanti e di esplosività e delle condizioni microclimatiche. Se necessario, l’ambiente va bonificato tramite ventilazione (sono consigliati 70 ricambi/h per volumi fino a 50 m3) con attrezzatura adeguata al rischio (eventuale rispondenza ATEX). La misura del tenore di O2 deve essere effettuata, con strumenti adeguati dotati di allarme non tacitabile, sia prima dell’accesso che durante il lavoro, per garantire che ci sia una concentrazione di ossigeno adatta alla respirazione (21%)”.

È poi opportuno pianificare “dividendo per fasi successive l’intervento da realizzare; stilare e trasferire adeguatamente le procedure di lavoro, le modalità di verifica dell’idoneità e del funzionamento della strumentazione di monitoraggio e delle attrezzature di lavoro, le procedure di isolamento e ciecatura, in conformità all’autorizzazione per l’ingresso in ambienti confinati”.

Si sottolinea che nel caso in cui non si riesca ad escludere il pericolo di incendio ed esplosione, “oltre alla rispondenza alla norma ATEX di tutta la strumentazione, è necessario utilizzare attrezzature antiscintilla, indumenti e dispositivi antistatici, vietare l’uso di fiamme libere o fonti di calore e garantire l’equipotenzialità”. E in caso di “dubbio sulla pericolosità dell’ambiente e se l’O2 è inferiore al 18% si deve vietare l’accesso e nei casi in cui sia inevitabile l’ingresso in ambienti confinati in cui la percentuale di ossigeno risulti inferiore al 20%, i lavoratori devono essere dotati di DPI respiratori isolanti quali autorespiratori con autonomia sufficiente a svolgere le lavorazioni”.

Inoltre secondo le evidenze della valutazione dei rischi potranno ritenersi necessari anche dispositivi “quali quelli per la protezione dalle cadute dall’alto (es. dispositivi di ancoraggio al quale viene collegato un sistema di arresto della caduta, dispositivi di recupero, argano, paraspigoli per fune di recupero, selle di invito, ecc.)”.

La scheda ricorda poi che:

  • il medico competente ha il compito di “valutare l’idoneità alla mansione dei lavoratori che accedono in ambiente confinato, tenendo conto anche degli aspetti connessi a quest’attività (obesità, eventuali patologie cardiopolmonari, claustrofobia, necessità di usare DPI di III categoria, ecc.).
  • ai lavoratori deve essere garantita una informazione/ formazione specifica sui rischi connessi all’attività svolta e sulle misure di prevenzione e protezione per il loro controllo (incluso l’utilizzo della strumentazione per le misure della salubrità dell’atmosfera), e l’addestramento sull’uso dei DPI di III categoria (cinture di sicurezza, autorespiratori, ecc.). In aggiunta il personale coinvolto deve essere a conoscenza delle istruzioni operative da attuarsi in caso di emergenza e delle misure di primo soccorso. Dette istruzioni devono essere predisposte necessariamente prima dell’intervento e devono contenere un piano delle fasi di salvataggio e di recupero di lavoratori non più autosufficienti, incluso il coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale e dei Vigili del fuoco (VVF)”.

Inoltre – continua la scheda – “vi è la necessità di un idoneo sistema di comunicazione tra interno ed esterno, di tipo vocale, o a vista, e se ciò non è realizzabile l’uso di microfoni da bavero, di dispositivi di allarme luminosi o sonori (fissi/ portatili), di collegamenti via cavo con telefono portatile con possibilità di collegarsi con la squadra dei soccorsi (adeguatamente formata e addestrata) e/o con i VVF”. E le aree d’intervento e di soccorso “devono essere opportunamente delimitate e segnalate con apposita segnaletica. In caso di sospensione delle attività alla ripresa dei lavori è necessario verificare che le condizioni di salubrità non siano modificate”.

Si deve poi garantire “la presenza esterna di almeno una persona con funzione di sorveglianza/allertamento, che non deve mai entrare nel luogo confinato in quanto deve sorvegliare personalmente e con continuità le attività in corso e gestire le situazioni di emergenza”.

Senza dimenticare che in caso di affidamento dei lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi, “devono essere preventivamente verificate, da parte del datore di lavoro committente, l’idoneità tecnico-professionale delle imprese esecutrici secondo le indicazioni della vigente normativa”.

Infine occorre che “il datore di lavoro committente metta a disposizione delle ditte in appalto la documentazione relativa alla natura dei rischi presenti nel luogo sospetto di inquinamento o confinato e agli eventuali rischi interferenziali dovuti alla presenza contemporanea di attività lavorative svolte da altre imprese; lo stesso ha l’obbligo di nominare un suo rappresentante che deve vigilare sulla sicurezza delle attività svolte”.

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale della scheda che riporta anche altre ulteriori rilevazioni su rischi e infortuni negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati.

Documento originale:

Infor.mo., Sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi, “ Gli ambienti confinati”,


Fonte: puntosicuro.it

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