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Garante Privacy a Google, diritto all’oblio anche fuori dell’Europa
Il diritto all’oblio vale anche al di fuori dei confini europei: il Garante per la privacy ha ordinato a Google di deindicizzare gli url su un cittadino italiano da tutti i risultati della ricerca, sia nelle versioni europee del motore di ricerca, sia in quelle extraeuropee. Google dovrà rimuovere anche gli url già deindicizzati nella versione europea. La decisione è stata presa dall’Autorità – spiega la Newsletter settimanale – per assicurare effettiva tutela a un cittadino italiano residente negli Stati Uniti: l’uomo chiedeva di deindicizzare numerosi url europei ed extraeuropei che rimandavano a messaggi o brevi articoli anonimi, pubblicati su forum o siti amatoriali, giudicati gravemente offensivi della propria reputazione.
I testi riportavano anche informazioni ritenute false sul suo stato di salute e su gravi reati connessi alla sua attività di professore universitario. Chiedendo di deindicizzare il suo nome da tutti i siti, anche extraeuropei, l’uomo lamentava anche il fatto che, non appena un url veniva rimosso, subito ne venivano generati altri con contenuti analoghi. Il Garante ha ritenuto che la “perdurante reperibilità” sul web di contenuti non corretti e inesatti avesse un impatto “sproporzionatamente negativo” sulla sfera privata della persona.
Un effetto dovuto anche alla diffusione di dati sulla salute, non in linea con quanto disposto dal Codice privacy e dalle Linee guida dei Garanti europei sull’attuazione della sentenza Google Spain. In base alle Linee guida, il trattamento dei dati sulla salute è uno dei criteri da considerare per bilanciare il diritto all’oblio e il diritto/dovere all’informazione. Inoltre va valutata la natura dei contenuti di cui si chiede la rimozione: nel caso in cui si tratti di “informazioni che sono parte di campagne personali contro un determinato soggetto, sotto forma di rant (esternazioni negative a ruota) o commenti personali spiacevoli”, la deindicizzazione deve essere giudicata con maggiore favore in presenza di “dati che sembrano avere natura oggettiva ma che sono, in realtà, inesatti, in termini reali”, soprattutto “se ciò genera un’impressione inesatta, inadeguata o fuorviante rispetto alla persona interessata”.
Fonte: ansa.it