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Microplastiche nelle bibite
Ogni giorno introduciamo microplastiche nell’organismo non solo con gli alimenti e l’acqua, ma anche con le bibite comprate al supermercato. Non si salva nessun soft drink, né quelli commercializzati dai grandi marchi né quelli prodotti dalle etichette con il marchio delle singole catene. Con il termine microplastica si fa riferimento a particelle solide insolubili in acqua, di dimensioni inferiori ai 5 millimetri, costituite dai polimeri come polietilene, polipropilene, polistirene, poliammide, polietilene tereftalato, polivinilcloruro, acrilico, polimetilacrilato.
Ne parla un articolo pubblicato da Il Salvagente, che riporta i risultati di uno studio condotto in laboratorio per valutare quante microparticelle si riscontrano nelle bibite. Il lavoro è stato affidato al Gruppo Maurizi che si occupa anche di sicurezza ambientale e di sicurezza sul lavoro ed è certificato da Accredia. Sono stati testati 18 diversi tipi di bibite zuccherate, scelti tra i più diffusi e venduti nei supermercati: tè freddi, cole, aranciate, cedrate, gazzose, acque toniche, ecc.
Lo scopo dei ricercatori non era quello di stilare una classifica in base al marchio, ma di valutare la diffusione delle particelle. I risultati sono abbastanza inquietanti visto che nessuno campione tra quelli esaminati è risultato privo di microplastiche. I numeri oscillano da 18,89 microparticelle di plastica per litro a 0,89 della bevanda più virtuosa. I frammenti contenuti non sono assolutamente visibili a occhio nudo essendo di dimensioni molto inferiori rispetto a quelli che si possono riscontrare nel cibo.
Bisogna dire che le microplastiche si trovano un po’ ovunque. La loro presenza è stata rintracciata in numerosi alimenti, dalla carne ai pesci che consumiamo sulla nostra tavola, fino ai frutti di mare, al sale marino e perfino in prodotti considerati naturali e sani per eccellenza come il miele. Le persone sono consapevoli di vivere immerse nella plastica, anche se molti non si rendono conto che la stiamo anche mangiando e bevendo tutti i giorni. Le microplastiche sono state trovate anche nell’acqua di rete.
Il grado di rischio è ancora in gran parte sconosciuto, perché da poco tempo i ricercatori e gli analisti si occupano dell’argomento. La Commissione europea sostiene che non producono danni oggettivi alla salute. Il parere di molti scienziati, però, è che queste particelle abbiano la capacità di legare a sé ftalati, pesticidi e bisfenolo e che possano diventare quindi veicolo per sostanze tossiche potenzialmente cancerogene o che interferiscono sul sistema endocrino dell’organismo.
La cosa certa è che questo tipo di contaminazione non risparmia nessuno, ed è difficile pensare all’assenza di qualche effetto nocivo per la salute. Sarebbe utile un maggiore impegno da parte di tutti, compresi i produttori di bibite, per riuscire ad arginare il fenomeno, anche se le risposte non sono facili.
Fonte: ilfattoalimentare.it





