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Le responsabilità penali dell’RSPP in relazione agli appalti

Le responsabilità dell’RSPP del committente in relazione alla valutazione dei rischi da interferenze

Con Cassazione Penale, Sez.IV, 25 marzo 2019 n. 12869, la Corte ha confermato le responsabilità penali di tre soggetti (L.G., F.L. e P.L.) per il reato di omicidio colposo ai danni del lavoratore R.L. “il quale era stato investito e schiacciato da carrello trasportatore di materiale in acciaio all’interno di area di movimentazione e stoccaggio (TVE) di proprietà della azienda L. ma in uso alla società T. s.p.a., incaricata dalla prima dell’immagazzinamento e della spedizione dei rotoli di acciaio realizzati nel reparto.”

In particolare, L.G. era imputato in qualità di “amministratore delegato della T. s.p.a., datore di lavoro del conducente del carrello investitore e responsabile dell’area destinata a spedizione e a magazzino del materiale di acciaio (vergella)”.

P.L. era “dipendente e responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione della L. s.p.a.” e, in tale qualità, gli “veniva contestato di avere omesso di inserire nel DUVRI il rischio connesso alla insufficiente illuminazione dei locali adibiti allo stoccaggio e al trasporto dei prodotti in acciaio e di avere omesso di informare adeguatamente i dipendenti della L. dei rischi derivanti dalla interferenza con l’attività demandata al personale della T. s.p.a., nonché per avere omesso di fornire disposizioni sulla segnalazione delle vie di circolazione dei carrelli”.

All’imputato “F.L. infine, quale capo reparto dell’area TVE era contestato di avere omesso di informare adeguatamente i dipendenti della L. dei rischi derivanti dalla interferenza con l’attività demandata al personale della T. s.p.a., nonché per avere omesso di coordinarsi con i responsabili della T. in relazione all’attività svolta nell’area TVE, e di segnalare alla direzione l’assenza di una adeguata segnaletica di sicurezza per la circolazione dei carrelli all’interno della suddetta area”.

Con specifico riferimento alla posizione dell’RSPP, la Corte d’Appello ha confermato la decisione di primo grado, ritenendo A.P. responsabile “per avere omesso nel DUVRI una valutazione del rischio specifico di investimento attraverso la individuazione di misure di prevenzione idonee e mediante il dettaglio di specifiche misure per l’accesso all’area T. dei dipendenti della L., fornendo altresì ai dipendenti una idonea informazione e formazione sugli accessi e sui percorsi fruibili.”

Ciò premesso, l’RSPP P.L. – nel suo ricorso in Cassazione – “assume che alla data dell’infortunio non esisteva ancora una disposizione normativa […] che imponesse alle ditte committente e appaltatrice di predisporre un documento unico per la valutazione dei rischi interferenziali”.

Tuttavia, secondo la Suprema Corte, “pur mancando all’epoca dei fatti un obbligo specifico di formare un documento unico che garantisse la condivisione normativa tra committente e appaltatore delle misure volte a prevenire e a fronteggiare il rischio derivante dalla coesistenza o dall’alternarsi all’interno di una azienda di lavorazioni in grado di “interferire”, certamente esisteva una specifica disciplina (art.7 D.L.vo 1994/626 peraltro oggetto di contestazione al F.L.) che onerava il committente L., e pertanto i dirigenti all’uopo individuati, di promuovere la cooperazione e il coordinamento in un ambito nevralgico e fonte di rischi.”

La Corte ha sottolineato inoltre “come l’attività di consultazione, di cooperazione e di coordinamento tra datori di lavoro debba proseguire anche in corso di esecuzione del contratto di durata (appalto o somministrazione) e, sebbene non accompagnata da un documento ufficiale, deve valere a enucleare i rischi interferenziali e ad elaborare strategie comuni per la loro prevenzione.”

Dunque nel caso di specie la responsabilità dell’RSPP è stata confermata in quanto, a seguito di accertamenti, la Corte d’Appello “ha correttamente escluso che dalla ditta L. promanasse, come previsto dalla legge, una adeguata programmazione del rischio interferenziale da investimento di pedoni nell’area TVE e una coerente promozione di sinergiche attività preventive”.

Le responsabilità dell’RSPP dell’impresa subappaltatrice in relazione al POS

Con una sentenza del mese scorso ( Cassazione Penale, Sez. IV, 7 giugno 2022 n.21863), la Corte ha confermato la decisione con cui “M.V., tra gli altri, era stato condannato per omicidio colposo ai danni del lavoratore D.M. – nella qualità di responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) della C. s.r.l.”.

In particolare, il lavoratore infortunatosi (dipendente della C. s.r.l.) era stato “incaricato di eseguire dei lavori sul tetto di un immobile da attrezzare per il montaggio di pannelli solari su un capannone di proprietà della C.O.U., su commissione della Soc. G. S.p.A.”

Fatta tale premessa, “nell’occorso, la vittima era salita sul tetto con un carrello elevatore e aveva iniziato ad apporre alcuni profilati metallici indicatigli dal capo cantiere, camminando sul tetto, nonostante questo fosse coperto di ghiaccio e brina che non consentivano di distinguere le parti calpestabili da quelle che non lo erano”.

Dunque “le condizioni climatiche, ambientali e fattuali […] erano negative e avevano reso sconsigliabile l’inizio delle lavorazioni, la cui esecuzione avrebbe richiesto la predisposizione delle necessarie precauzioni a tutela della sicurezza dei lavoratori, mancanti nella specie, con specifico riferimento al pericolo di caduta dall’alto, stante l’assenza della previsione nel POS di tale rischio e la mancata predisposizione di linee vita cui ancorare la imbracatura indossata dagli operai, ma anche di una copertura con assi di legno o pallets da porre sui lucernari che ne erano privi.”

Si tenga presente che “il Tribunale, oltre all’imputato, nella qualità, aveva condannato anche il datore di lavoro (M.M., quale legale rappresentante dell’ente), inviato gli atti al pubblico ministero quanto al preposto (I.M.) e assolto invece il responsabile dei lavori e coordinatore per la sicurezza nella progettazione e esecuzione (P.S.)”.

Per quanto riguarda nello specifico la posizione dell’RSPP, “all’odierno ricorrente si è contestato, in particolare, di avere indicato nel POS la protezione dei lucernari orizzontali in difformità da quanto indicato nel PSC, in violazione degli artt.96, comma 1, d.lgs.n.81/2008; di avere, in violazione degli artt.115 e 111 stesso decreto legislativo, omesso di fornire indicazioni su come ancorare le cinture di sicurezza e di indicare nel POS il rischio di caduta dall’alto, anche in considerazione delle condizioni ambientali dovute alla stagione invernale”.

La Corte d’Appello ha ritenuto “che l’imputato avesse competenze su tutto il settore prevenzione, cosicché irrilevante doveva considerarsi l’assenza di deleghe. Egli era vice presidente del consiglio di amministrazione della società e, in tale veste, aveva sottoscritto la proposta C. rivolta a G. per eseguire i lavori, dato ritenuto di non poco rilievo dai giudici territoriali, atteso che sulla persona di M.V. si erano venute a concentrare due distinte qualità che gli consentivano di fruire di maggiori poteri che, generalmente, sono estranei alla figura del RSPP, quale quello di stipulare contratti di lavoro con terzi.”

La sentenza ricorda che “l’imputato, inoltre, aveva apposto la sua firma sul POS, a nulla rilevando il dato che egli non potesse valutarne la correttezza o la circostanza che non avesse sottoscritto il piano cantiere; egli, infatti, aveva partecipato al sopralluogo sul posto, teatro dell’infortunio, quantomeno il 15/11/2011 e, quindi, dopo il contratto di subappalto tra C. e G.; nel presenziare alla riunione dello stesso giorno, aveva evidenziato le problematiche concernenti il rischio cadute dall’alto e aveva dato consigli al riguardo, approvando la decisione di sistemare i lucernari con bancali di legno.”

 

Di conseguenza, egli “era stato perfettamente consapevole della estrema pericolosità del lavoro e, anche se non aveva materialmente redatto il POS del 17/11/2011, non poteva ignorarne il contenuto, sebbene gli atti fossero stati trasmessi solo tra A. e S. Neppure poteva ignorare che il POS non era stato sottoscritto dal coordinatore P.S., non avendo valore legale, atteso che l’inizio dei lavori avrebbe dovuto slittare a un momento successivo alla approvazione del POS da parte del coordinatore.”

 

In conclusione, “dunque, avrebbe dovuto sincerarsi della conformità del POS a quanto convenuto e ai consigli che lui stesso aveva dato. Di qui l’onere di attivarsi, segnalando la situazione deficitaria che sconsigliava l’inizio dei lavori.

Infine, “la presenza del preposto, inoltre, non esonerava M.V. dall’adempiere agli obblighi connessi alla sua posizione, anche solo di RSPP, trattandosi di competenze diverse”.

Le responsabilità dell’RSPP dell’appaltatore

Concludiamo questa breve rassegna, che come sempre non ha la pretesa di essere esaustiva sull’argomento, citando Cassazione Penale, Sez.IV, 22 marzo 2016 n.12224, che ha confermato la condanna di tre soggetti, tra cui l’RSPP dell’impresa appaltatrice, per il reato di omicidio colposo in danno di G.G. (lavoratore dipendente di quest’ultima impresa).

Si è verificato che il lavoratore “G.G. si è infortunato mortalmente nel corso dei lavori di sostituzione di un telo serricolo presso l’azienda agricola B.; avendo raggiunto la parte superiore della impalcatura metallica, senza ausilio di scale o ponteggi omologati e senza l’utilizzo di idonei dispositivi di protezione e non potendo per tale motivo operare frontalmente al tubo avvolgitelo – come espressamente prescritto dalle istruzioni di montaggio e smontaggio della serra – era costretto a sporgersi in avanti per l’utilizzo di una chiave avvolgitelo che a causa di un improvviso cedimento effettuava uno scatto rotativo in senso antiorario attingendolo al capo e provocandogli gravi lesioni che ne causavano la morte.”

I soggetti ritenuti responsabili sono stati il datore di lavoro committente dei lavori di sostituzione dei teli serricoli, il datore di lavoro appaltatore e l’RSPP (D.) dell’impresa appaltatrice, il quale ultimo aveva “omesso di segnalare a tutti i preposti i pericoli connessi alla effettuazione dei lavori di sostituzione dei teli senza l’utilizzo di idonei dispositivi di protezione e senza il rispetto delle procedure indicate nel libro di istruzioni per il montaggio e lo smontaggio dei teli medesimi.”

Secondo la Cassazione, “il D., nella veste di RSPP, era astretto, come si è sopra esposto, all’obbligo giuridico di fornire attenta collaborazione al datore di lavoro individuando i rischi lavorativi e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli.”

E, nello specifico, “la gravata sentenza ha chiarito con motivazione certamente non illogica come l’imputato abbia violato gli obblighi imposti dalla legge, omettendo la necessaria, doverosa attività di segnalazione e stimolo ai fini della rimozione dei rischi.”

Fonte: PuntoSicuro.it

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