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Caos Gdpr, Twitter chiude gli account degli under 13
A QUANTO PARE le principali piattaforme di social network stanno andando un po’ in confusione, negli ultimi giorni. Si moltiplicano infatti le segnalazioni di profili WhatsApp, Instagram e soprattutto Twitter bloccati per l’ormai celebre divieto di disporre di questo genere di account sotto i 16 anni. Si tratta di una previsione indicata all’art. 8 del Gdpr, il nuovo regolamento generale europeo in materia di dati personali ormai in vigore dallo scorso 25 maggio e di cui abbiamo sintetizzato le istruzioni per l’uso. Prescrive che sotto quella soglia – e comunque sopra i 13 anni – occorra eventualmente un permesso dei genitori. Il punto è che in molti casi i social network non hanno architettato un modo per concedere quest’autorizzazione – anzi, l’ha fatto solo Facebook con un sistema facilmente aggirabile – pare che nel dubbio molti profili siano stati chiusi.
Ne parla per esempio il sito Mashable che ha notato come se ne discuta, e molto, in uno dei canali dell’aggregatore statunitense Reddit. In particolare sotto l’hashtag #TwitterLockout (ma anche su Twitter stessa) in cui molti utenti hanno raccontato di essersi visti sospendere l’account nei giorni scorsi, proprio in concomitanza con l’entrata in vigore del Gdpr.
“Twitter restituiscimi il mio account” ha scritto qualcuno. Alcuni altri casi, piuttosto curiosi, sono riportati invece da VentureBeat: un account aziendale, che indicava nella data di nascita quella di fondazione dell’azienda, è stato chiuso. Evidentemente perché la società aveva “meno di 16 anni”. A quanto pare in alcuni casi la sospensione sarebbe stata seguita dalla richiesta di inserire la propria data di nascita nel profilo per poterlo sbloccare e dunque tornare a usare.
Ma perché sta accadendo? Nonostante i portavoce di Twitter si siano rifiutati di commentare apertamente, la sostanza è che questi blocchi improvvisi sarebbero proprio collegati alle nuove norme europee. In pratica si sta verificando quanto gli osservatori più attenti avevano immaginato nei mesi scorsi: le piattaforme stanno “facendo pulizia” ma spesso sbagliano di grosso. Gli utenti che, secondo Twitter e compagnia, risultano avere un’età inferiore a quella prevista – fra l’altro le condizioni d’uso dell’uccellino non risultano neanche aggiornate – vengono bloccati in attesa di capirne qualcosa di più.
Sul social network fondato e guidato da Jack Dorsey, tuttavia, la questione si sta facendo più pasticciata perché, al contrario di altri social, Twitter non richiede l’inserimento della data di nascita al momento dell’iscrizione. Cioè quando si apre un nuovo account. E, in questo caso alla pari di tutte le piattaforme concorrenti, nulla ha mai fatto per fare in modo che l’indicazione dei 13 anni (oggi 16 in Europa e secondo le intenzioni dei colossi progressivamente in tutto il mondo) fosse rispettata. Ma lo sappiamo, è il grande inganno di chi offre servizi online, specie con un’elevata presenza di bambini e adolescenti: si adegua ma non compie passi per dare concretezza ai propri “terms of use”.
Così si è creata in questi giorni una specie di confusa terra di mezzo: un gran numero di account sui quali evidentemente le piattaforme nutrono dei dubbi rispetto all’età – spesso ingiustificatamente, solo in virtù della presenza o assenza di certe informazioni o in base alla data d’iscrizione al servizio – che non sanno come gestire. La soluzione di Twitter è stata appunto quella di sospenderli senza alcun preavviso. Sempre su Reddit molti utenti raccontano che la piattaforma starebbe chiedendo di verificare l’età tramite il caricamento di una scansione della carta d’identità o addirittura di un certificato di nascita.
“Sta accadendo a migliaia di persone e Twitter non parla da cinque giorni – ha postato un utente infuriato – posso solo pensare che siano andati nel panico per la possibilità di una multa multimiliardaria da parte delle autorità europee dopo l’entrata in vigore del Gdpr”. Una lettura tutt’altro che campata in aria considerando il 4% del fatturato complessivo a cui possono arrivare le sanzioni del regolamento continentale.
Fonte: repubblica.it